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sabato 30 gennaio 2016

" In piedi sull'arcobaleno" di Fannie Flagg


" Era come essere incinta di sei mesi: non si poteva che arrivare in fondo."

" Da giovani ci si dimentica in fretta, ma via via che passano gli anni dimenticare la propria mortalità diventa sempre più difficile."


Dall'autrice del celebre "Pomodori verdi fritti..." (diventato poi anche un film), non ci si poteva aspettare uno stile diverso, ed infatti anche questo romanzo è assolutamente pittoresco nella sua adorabile semplicità.
La storia racconta vite e vicessitudini degli abitanti di Elmwood Springs, cittadina di provincia del Missouri, a partire dagli anni Quaranta fino ai Novanta.
La cittadina gode della celebrità acquisita grazie all'adorabile Dorothy e al suo quotidiano programma radiofonico trasmesso dalla sua abitazione,  che ottiene subito un seguito eccezionale. La casa degli Smith diventa così il fulcro della vita sociale del paese e accoglie ogni giorno ospiti, ammiratori, curiosi e future celebrità provenienti da diverse parti degli Stati Uniti.
Intorno a Dorothy, casalinga degli anni Quaranta incredibilmente moderna, ruotano personaggi indimenticabili e molto diversi fra loro; il figlio scatenato e dispettoso Bobby e la sofisticata sorella maggiore Anna Lee, il marito farmacista Doc, la saggia Nonna Smith, la sfortunata vicina di casa Tot che è poi la voce narrante, il gruppo gospel degli Oatman, la loro misteriosa figlia Betty Raye, l'incredibile cantante cieca Beatrice Woods, gli eterni fidanzatini Norma e Macky, il troppo ambizioso forestiero Hamm Sparks e tanti altri.
Sono storie di vite vere, che non sempre finiscono bene, ma che grazie al modo di scrivere dell'autrice e grazie al periodo del grande sogno americano in cui si svolgono, risultano impregnate di sano ottimismo, leggerezza e una giusta dose di sottile umorismo.
Tutto ciò rende questo romanzo, ed i romanzi della Flagg in genere, molto piacevoli e capaci di trasportare il lettore proprio lì in quella piccola cittadina, e di farlo sentire parte di quella speciale comunità di gente semplice e straordinaria allo stesso tempo.
Soltanto l'inizio risulta un pò difficoltoso per via dei tanti personaggi presentati un pò alla volta, ma andando avanti la lettura scorre piacevolmente e diventa sempre più coinvolgente, grazie anche alla brevità dei capitoli.
Invitante anche la copertina, un romanzo da gustare e conservare come un piccolo tesoro.



lunedì 25 gennaio 2016

" Il futuro di una volta" di Serena Dandini


" Siamo tutti bimbi in attesa di una notte di Natale che stenta ad arrivare."

" Non si sarebbe mai più innamorata di un altro, lui sarebbe rimasto sempre il migliore perchè ancora 
  tutto da scoprire."

" Incredibile come le madri, per quanto si cerchi di ricacciarle indietro, alla fine ritornino sempre."


Mi dispiace molto perchè da questo libro, o meglio dall'autrice, mi aspettavo di più.
Tre vite che si intrecciano; Elena che ha 37 anni e una vita ordinaria da single, un lavoro sicuro, zero aspettative, la mania dell'ordine e una migliore amica problematica.
Laury la madre "fricchettona" di Elena, settantenne ancora fin troppo giovane, artista piena di amici.
Yves, sessantacinquenne che vive e lavora su una barca lungo la Senna insieme al suo amato cane Chien e una vita sociale fatta da qualche amico di vecchia data un pò disadattato quanto lui.
Il titolo era promettente e resta significativo; il futuro come ce lo immaginavamo una volta e come invece è. La Dandini pensavo fosse una garanzia, conoscendola come presentatrice e donna di spettacolo colta ed interessante, inoltre tante recensioni sono positive, insomma tutto giocava a suo favore.
Invece nulla, non c'è stato niente da fare; nessuno dei protagonisti mi ha davvero coinvolta, la storia non è decollata, il finale risulta banale e persino un pò stucchevole, la scrittura mi è risultata piuttosto noiosa, tende a dilungarsi troppo su aspetti e descrizioni francamente poco interessanti, e l'umorismo di cui è imperniato non sortisce l'effetto sperato.
Punto a suo favore le tante frasi da appuntarsi, spunti di riflessione che ci riguardano un pò tutti.
Nient'altro purtroppo.



mercoledì 20 gennaio 2016

" La bambina numero otto " di Kim van Alkemade





 " L'orfanotrofio non era molto diverso da un ghetto e il cigolio dei cardini risuonava tetro tanto a 
   Manhattan quanto a Venezia."

 " Mi resi conto che la notte era pericolosa, non tanto per l'oscurità quanto per l'indifferenza. Eravamo abituati a ignorare le azioni che venivano commesse di notte, al riparo dalle tenebre, come se tutti fossimo d'accordo nel volgere lo sguardo altrove. Eravamo come gli abitanti dei villaggi a valle dei campi di concentramento: sentivano il fumo che usciva dai forni crematori, ma facevano finta di non sapere cosa stesse accadendo."


Rachel è cresciuta in un brefotrofio, e successivamente in un orfanotrofio ebraico a New York.
Adulta, lavora come infermiera in una casa di riposo al quinto piano, dove le vite degli ospiti terminano, e dove un giorno arriverà Mildred Solomon, una dottoressa che si era occupata di lei durante la sua permanenza al brefotrofio.
Da quell'incontro la sua vita cambierà; riaffioreranno piano piano ricordi fino a quel giorno ignorati, inizierà a cercare informazioni sulle terribili esperienze di cui fu vittima e troverà purtroppo spiacevoli risposte.
" La bambina numero otto" è una novità editoriale Bookme (De Agostini) ed è stato veramente una splendida scoperta, un romanzo d'esordio potentissimo e indimenticabile, una storia forte e molto interessante perchè basata su fatti storici realmente accaduti.
La continua alternanza dei due piani temporali (l'infanzia e adolescenza di Rachel a partire dagli anni '20 e l'età adulta negli anni '50) è perfettamente sincronizzata, così come i vari temi affrontati; i periodi storici contestualizzano molto bene ogni dettaglio della storia e l'autrice riesce a catturare il lettore e trascinarlo con sè fino alla fine.
I temi affrontati sono importanti; la realtà degli orfanotrofi nel secolo scorso, le ricerche a cui furono sottoposti tanti bambini inermi solo perchè "figli di nessuno" e che ricordano tanto gli esperimenti di Mengele e dei medici nazisti, l'omosessualità e la difficoltà di viverla, ieri come oggi.
Una storia straordinaria e mai banale, una protagonista e dei personaggi indimenticabili, un libro da leggere e ricordare sempre.



venerdì 15 gennaio 2016

" Ognuno potrebbe " di Michele Serra


" Tutta gente che pensa dell'altra gente - ombre appena intraviste dietro il parabrezza - chissà dove diavolo sta andando, chissà perchè non se ne rimane a casa."

" La funzione di quelle parole è mostrarsi all'altezza della circostanza, ovvero nn sorpresi, non impreparati, persone informate, valorosi esponenti del circolo "A me non me la danno mica a bere" ".

" Mi dice che è stancante, alla lunga, sentirmi sempre fare lo spiritoso. Gli dico che è molto più stancante avere per migliore amico uno che anche al tuo funerale direbbe che ti riprenderai al più presto."


Conoscevo già Michele Serra; giornalista, scrittore, autore, (forse inquadrarlo in un'unica definizione è un pò azzardato), e leggendo alcuni suoi articoli ed ascoltando alcune sue inteviste, sapevo fosse piuttosto geniale.
Ne ho avuto conferma leggendo questo suo breve romanzo, solo 98 pagine quindi più simile ad un racconto, leggibile in una giornata.
Attraverso il protagonista Giulio Maria, 36 anni vivacchiati all'ombra dei genitori, schiavo dell' "avrei potuto fare ma non ho fatto", pessimista nato, Serra delinea in modo molto reale la nostra società "moderna", le sue ossessioni, le sue debolezze, i suoi paradossi. E' impossibile non riconoscersi nei luoghi, nei personaggi, nelle abitudini di cui Giulio si fa giudice al di sopra delle parti, pur facendone indubbiamente parte suo malgrado.
La trama è quasi inesistente, un pretesto per trarne un'analisi sociale irresistibile grazie al suo sottile umorismo e ai geniali termini coniati per l'occasione.
Lo smartphone di cui siamo tutti schiavi compiacenti diventa l'egòfono, responsabile dei sempre più frequenti incidenti dovuti alla "sindrome dello sguardo basso", di cui è vittima anche la fidanzata "digitambula" di Giulio.
Capannonia è la località senza pregi nè particolarità degne di nota in cui vivono, e potrebbe essere una qualsiasi località del Nord Italia industrializzato.
Il cinghiale che fa la sua comparsa in diverse circostanze nel racconto di Serra, innesca varie dinamiche tra cui il consueto e a noi molto famigliare dibattito senza nè arte nè parte, sempre più in voga nei bar, nei talk show, nella vita quotidiana (vedi scie chimiche, oscuri complotti, ricerche fatte al volo su internet tramite l'egòfono).
In questa storia senza obiettivi e senza motivazioni, la sola flebile speranza sembra ancora riposta nel ritorno alla concretezza, al lavoro manuale, alla creazione di qualcosa di tangibile. Forse anche l'inerme protagonista troverà un appiglio di salvezza dal torpore che lo domina da tutta una vita?




martedì 12 gennaio 2016

" Non avevo scelta " di Donna Foley Mabry



" Quando cuci, ti avvolge un senso di pace. Credo che sia perchè smetti di pensare alle  
   preoccupazioni e la mente si concentra solo sulla stoffa e sul filo."

" Oggi penso che Dio doni a ciascuno di noi una certa misura di felicità nella vita, e che a qualcuno
   ne sia concessa più che agli altri. (...) Penso anche che a volte i periodi buoni siano così buoni da 
   dover contare per un tempo doppio."


Pensare che questo splendido romanzo narri una storia vera, rende la sua lettura ancora più appassionata e ancora più dura da digerire. Pensare che di Maude ne saranno esistite in quantità industriali in quegli anni, ovvero i primi del Novecento, ci fa capire quante storie degne di nota non saranno mai narrate da nessuno.
Maude invece ha avuto la sua meritata celebrazione postuma grazie al lavoro della nipote Donna, che ci racconta la vita di questa donna forte e sfortunata, che inizia a cambiare e mostrarle la sua durezza già all'età di 8 anni, che si sposerà giovanissima a 14, diventerà subito madre per la prima volta e affronterà periodi storici come le due guerre mondiali, l'epidemia di Spagnola, la grande Depressione nell'America del '900.
Una vita costellata di grandi cambiamenti e sacrifici, grandi dolori e purtroppo poche gioie, che si concluderà con tanti rimorsi e tante scelte quasi obbligate, ma che ci permette di comprendere meglio cosa significasse essere donna in quegli anni.
Questo libro cattura letteralmente il lettore, si vorrebbe leggerlo tutto d'un fiato e arrivare allo sperato riscatto finale della protagonista, ma ricordiamoci che si tratta di vita vera e come si dice "la vita non è un film", anche se questa storia potrebbe tranquillamente ispirarne uno.
Maude e la sua famiglia non si dimenticano facilmente, e probabilmente ognuno di noi si chiederà se anche dietro alle vite delle nostre nonne ci sia stata una storia simile.
Un romanzo che merita a pieno titolo il grande successo riscosso soprattutto in America.



giovedì 7 gennaio 2016

" There" di Leonardo Patrignani



" Quant'era bello vivere, mamma. Ora mi tocca sopravvivere."

" Non vanno mai via davvero."

" Forse la nostra vita è quella vissuta sul piano di coscienza, e il capolinea del nostro percorso terreno non è la fine di tutto."

Non ero sicura di voler leggere questo romanzo perchè non capivo di cosa si trattasse; un thriller, una storia fantascientifica, un'esperienza realmente accaduta o che cos'altro. Proprio per questo motivo, pura curiosità, ho infine deciso di leggerlo e non me ne sono pentita.
Se vi appassiona la domanda che tutti credo ci poniamo almeno una volta nella vita, ovvero "cosa c'è dopo la morte?", allora leggete questo libro.
L'autore si è sicuramente documentato molto bene sul tema delle OBE (ou of body expreriences) e NDE (near death experiences), fenomeni ormai appurati come reali e oggetto di studio della neurofisiologia, e che bene o male tutti abbiamo sentito parlare in forme diverse senza forse capire bene di cosa si trattasse.
La tragedia che distrugge la vita della giovane Veronica ci permetterà di passare attraverso queste esperienze ultraterrene, pur restando sempre coi piedi ben piantati per terra, in una Milano così realistica da sentirne l'odore della nebbia, e da ricordarci continuamente quanto può essere dura ed alienante la vita in una grande città. (piccola nota; non mi era mai capitato di leggere un romanzo ambientato in luoghi a me così famigliari, cosa che mi ha permesso di poter letteralmente vedere, raffigurarmi, diverse scene chiave della storia).
La voce narrante è proprio quella della diciannovenne Veronica, e anche questo colpisce perchè l'autore riesce a proiettare pensieri, emozioni, sentimenti femminili, in un modo così naturale e profondo che ci si aspetterebbe quasi che il libro fosse scritto da una donna.
Da leggere perchè apre un mondo nuovo, e perchè " Non vanno mai via davvero" è consolatorio e ci fa sentire tutti un pò meno soli e un pò meno fragili.