Rosella Postorino racconta proprio di questi bambini nel suo romanzo finalista al Premio Strega. Racconta di figli, di madri, di separazioni, di incubi, di nuovi traguardi, di nostalgia...di chi si salva cercando di dimenticare il passato e buttandosi a capofitto in quella nuova vita, e di chi resta aggrappato con le unghie e con i denti ad un passato che resta solo un ricordo sbiadito.
Le premesse c'erano tutte, ma alla fine il romanzo non mi ha convinta, ho fatto fatica a tenere il punto della storia, ho trovato l'inizio promettente ma non altrettanto le parti successive.
"Lui era la prova che si può vivere senza una madre e un padre, che si può crescere senza un consiglio, uno sprone, un abbraccio di conforto: non si muore mica, non si diventa più deboli né più forti, siamo tutti scagliati nel mondo verso la possibilità della morte- è all'origine del creato, la mancanza d'amore."
"...ammazzarsi non è svalutare la vita, ma pretendere che non ci saluti. Se il dolore è troppo intenso, l'unica libertà di cui disponi, dato che non hai chiesto di nascere, è sottrarti."
"È strano pensare che il corpo che ti ha messo al mondo non sia più al mondo, che il luogo da cui hai avuto origine sia scomparso."
"Anche il bambino la amava in modo selvaggio, e questo la stordita. Non si erano scelti, erano stati condannati l'uno all'altra."