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giovedì 28 luglio 2016

" Chi manda le onde" di Fabio Genovesi



"  No, non si può vivere così, questo non è vivere, è morire al rallentatore."

" - La vita è questa qui, ragazzi, è meglio che lo imparate subito. La vita è un temporale, è una burrasca. E' una tempesta di schiaffi, con dentro ogni tanto, per sbaglio, una carezza."

" Mi sa che il problema non sono le bugie. Il problema è la verità, che fa proprio schifo."

"Chi manda le onde" è un romanzo che parla di solitudini. Solitudini differenti, subite o volute, tristi o più scanzonate, ma sempre di solitudini si tratta.
La storia è narrata a voci alterne; Serena, madre di Luca e Luna, due personalità opposte. Luna, la figlia tredicenne e albina, isolata e presa in giro dai compagni di scuola, e infine Sandro, coetaneo di Serena, quarantenne che vive ancora coi genitori, nella sua cameretta, senza aver veramente mai vissuto.
Le loro vite si sfiorano e si incrociano, in una concatenazione di eventi ma soprattutto di pensieri, perchè di sicuro questo non è un romanzo basato sulle azioni; i fatti intorno a cui ruota sono pochi e anche piuttosto scontati, la forza di questo romanzo non sta negli accadimenti bensì nell'accurata introspezione che l'autore riesce a fare di ognuno dei tre personaggi principali.
Sembra di entrare nella testa di ognuno di loro, personaggi sempre sull'orlo del precipizio, sembra anche di conoscerli un pò perchè di persone come Sandro ne è pieno il mondo e forse c'è un pò di Sandro in ognuno di noi a volerlo ammettere.
Altra perla sono personaggi secondari come Zot, ragazzino che arriva da Chernobyl e parla e si comporta come un vecchio aristocratico, e Ferro, suo nonno adottivo, bagnino in pensione, che esterna la sua saggezza tramite parolacce e modi poco amichevoli.
Se si pensa ad un libro estivo, da leggere sotto l'ombrellone, si resterà delusi, perchè pur essendo ambientato a Forte dei Marmi e pur avendo il mare un ruolo centrale, simbolico e decisivo, non è un libro leggero, non lo si legge con facilità, e personalmente penso che sia un pò troppo prolisso; oltre quattrocento pagine che potevano essere molte di meno.
Detto ciò, la mole di lavoro svolta dall'autore è senza dubbio da premiare (e infatti il libro ha vinto il Premio Strega Giovani 2015), come la sua spiccata dote di analisi, e il linguaggio popolare che dà alla storia un'aura di concretezza e ironia e ti strappa più di una risata.
" Siamo tutti normali, finchè non ci conosci abbastanza.".....c'è da aggiungere altro?


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