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mercoledì 14 settembre 2016

" Non aspettare la notte" di Valentina D'Urbano


" ...non la tocca mai dove è liscia e sana perchè in quei punti è come le altre, mentre tutto il suo essere, tutte le sue paure e le sue lotte, l'essenza stessa di lei, stanno lì, dentro le sue ferite."

" Non ti innamori delle cose perfette, senza segni. Le cose perfette sono di tutti. Ti innamori delle zone d'ombra, delle crepe, delle storture che vedi e senti dentro, che ti appartengono. Ti innamori di chi è riuscito a sopravvivere."


Valentina D'Urbano è per me qualcosa di più di una scrittrice di romanzi, trovare un aggettivo che la definisca è quantomeno riduttivo.

"Non aspettare la notte" è il suo quinto romanzo (grazie a Longanesi per avermene mandato una copia), ed esce dagli schemi dei racconti precedenti, motivo per cui nella prima parte mi ha un po' spiazzata; non ritrovavo gli ambienti decadenti, i personaggi ai limiti, la spietatezza della realtà in cui vivevano e si muovevano.
Superato però l'impasse iniziale, come sempre le sue storie e le sue parole prendono il sopravvento e ti trascinano con la loro foga, con la loro drammaticità, con la loro crudezza.

Angelica è giovane e molto ricca, ma è anche stata vittima della follia di sua madre, che quando lei era solo una ragazzina si è uccisa, e lo ha fatto con lei, con lei che però è sopravvissuta ma è rimasta segnata nel corpo, completamente sfregiato, e nell'anima.
Tommaso al contrario è un ragazzo allegro, vitale, casinista, ma l'ombra di una malattia degenerativa che lo sta portando alla cecità incombe su di lui sempre più velocemente.
Angelica e Tommaso si incontrano e in qualche modo si riconoscono, si sentono, si percepiscono, e la loro storia sarà una lotta contro il tempo, una storia di rivalsa ma allo stesso tempo di autodistruzione (ora, non vorrei ripetermi, ma come in Acquanera ho trovato qualche analogia con "L'amica geniale" della Ferrante), di gioia e di cupa disperazione, di speranza e di abbandono.

L'amore di cui parla questo libro va oltre le apparenze, oltre gli sfregi, ben visibili a tutti, di Angelica e oltre l'impossibilità di Tommaso di vederla con nitidezza, come gli altri possono invece fare.
A loro non serve vedersi, a loro basta sentirsi, percepirsi, esserci uno per l'altra, ma la vita non è tutta lì e quando li porterà a percorrere altre strade niente sarà più lo stesso, e sarà a quel punto che la notte tenterà di impossessarsi delle loro vite e delle loro illusioni, dei loro sogni e delle loro paure.

Dopo la feroce concretezza della Fortezza (quartiere in cui sono ambientati tre dei suoi romanzi), Valentina ci trascina in una storia quasi astratta, in cui l'ambiente perde la sua importanza per lasciare spazio a sensazioni, immagini tratteggiate, fotografie, ricordi, pensieri. E lo fa con la sua scrittura dirompente, cattiva, unica, regalandoci l'ennesima storia da non dimenticare.

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