" In qualche modo mi voleva bene davvero, ma era fatto così: attraversava le cose senza lasciarsi attraversare. Era andato avanti, ci saremmo rivisti alla prossima fermata. Ero io quella che continuava a pensarci."
"Non sapeva essere tenero nè consolante. Non era Pietro, che sapeva riaggiustarmi con uno sguardo."
" Sono già stata addestrata, sono avvezza all'attesa."
"...è questo che fanno gli scrittori, interpretano le crepe degli altri, frugano nei loro nascondigli, anche senza conoscerli. Anche quando se li inventano."
Leggendo l'ultimo romanzo di quella che ormai da anni è la mia scrittrice preferita, mi sono ricordata del perchè io abbia aspettato un anno intero (è uscito in libreria nel giugno dello scorso anno) per leggerlo.
I romanzi di Valentina ti sconquassano, ti scavano dentro, ti afferrano per non lasciarti mai andar via, nemmeno quando li finisci. Partendo dal presupposto che il riferimento resta sempre la sua ineguagliabile opera prima, "Il rumore dei tuoi passi", si teme sempre che i successivi non siano all'altezza...beh, non è il caso di questo suo ennesimo successo.
La storia di Celeste, Pietro e Nadir nasce infatti in un contesto molto diverso dalle case popolari de "Il runore" ma i legami sono altrettanto carnali e disperati, i personaggi altrettanto complessi ed indimenticabili, le loro storie altrettanto spietate e politicamente scorrette.
Nessuno come Valentina, nell'attuale panorama letterario italiano, sa intrappolare il lettore nella sua rete di storie e personaggi che, tra le sue mani, letteralmente vivono.
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