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martedì 29 dicembre 2015

" Treno di vita" di Wendy Holden




" Pur ammettendo che la sua "teoria di Rossella O'Hara" suonasse "stupida" e "irrazionale", sostenne di averla usata con successo per tutta la vita. "Se scaccio una cosa dalla mente quando sta succedendo e ci dormo sopra, forse il mattino dopo andrà meglio. Finora ha funzionato...E' tipico della natura umana convincersi di poter sopravvivere in qualche modo...Chi si arrende e trascura il proprio fisico muore prima." "

" Quegli individui che avevano avuto un futuro promettente prima di essere strappati a tutto ciò che avevano conosciuto, ora erano profughi senza un soldo."

" Le possibilità di sopravvivere a quell'inferno erano solo questione di fortuna. Noi siamo stati fortunati. Siamo riusciti a tornare indietro. Non c'è altro da dire."



Dopo "Se questo è un uomo" di Primo Levi, questo è il miglior libro sull'Olocausto che abbia letto.
Le storie, separate ma così vicine a loro insaputa, di tre giovani future madri ebree deportate ad Auschwitz e in seguito in una fabbrica ai lavori forzati.
L'autrice racconta con dovizia di particolari la loro vita prima della deportazione, e in seguito i viaggi del terrore, la permanenza ad Auschwitz e tutto il resto. Una vera e propria inchiesta storica minuziosamente documentata, un'impresa non facile basata su testimonianze, interviste raccolte negli anni, documenti storici, filmati, fotografie, che ci ricorda quanto sia stato disumano l'Olocausto e ci fa continuamente domandare come siano potuti sopravvivere i pochi ebrei scampati allo sterminio.
Priska, Rachel e Anka ci portano con loro all'inferno e ci mostrano cosa possa significare voler salvare a tutti i costi la propria vita e quella del figlio che portano in grembo, sopportando fame, sete, malattie, lavori forzati, percosse, gelo, mancanza assoluta di igiene e soprattutto terrore, puro terrore che non le abbandona mai.
Non è possibile non trovare questa lettura appassionante, anche se molto dura da digerire; si va avanti inorridendo sempre più e con l'ansia di sapere cosa ne sarà mai stato di queste tre donne realmente vissute e delle loro rispettive gravidanze. E si ricorda continuamente che no non è un film, non è invenzione, ma dura realtà, neanche poi così lontana, che sta accadendo ancora in altre parti del mondo e potrebbe accadere anche a noi.
Per riflettere, per commuoversi, per non dare mai niente per scontato, per risvegliare la solidarietà nei confronti di chi ancora vive simili realtà.


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